“Chocolat”, di Joanne Harris: che sapore ha la felicità?

Quando vidi il film “Chocolat“, con Juliette Binoche e Johnny Depp, mi innamorai del piccolo paesino francese di Lansquenet, in Provenza, e dell’incantevole Vianne Rocher. Ma il libro è proprio un’altra cosa. Prima di tutto alcuni elementi fondamentali sono stati cambiati, ma è soprattutto la passione fugace tra Vianne e Roux ad essere stata completamente trasformata: ciò che nel libro è velato e marginale nel film diventa il perno su cui ruota buona parte della sceneggiatura. A ben guardare infatti la locandina del film rappresenta un’ammiccante Juliette Binoche che offre un cioccolatino all’affasciante Johnny Depp, con un chiaro intento seduttivo. L’immagine richiama ad una maliziosa  passione tra i due, ma Joanne Harris ha previsto ben altro per Vianne. Il cioccolato per l’autrice non rappresenta un afrodisiaco che lega i due amanti, ma diventa uno strumento importante, quasi divinatorio, attraverso il quale la giovane donna riesce a donare  istanti di gioia  alle persone. Vianne riesce a leggere l’infelicità nei cuori degli altri: la intuisce, la vede,  la sente su di sè e trova il rimedio adatto per lenire i dolori di ognuno. Perchè  il cioccolato  inebria i sensi e regala istanti perfetti.
Vianne e la figlioletta Anouk arrivano a Lansquenet un giorno di febbraio,  durante il carnevale. Il vento fa vorticare gli ultimi fiocchi di neve in un turbinio di profumi che sanno di festa, per poi posarsi lievi sui marciapiedi lungo le strade. E’ martedì grasso, l’ultimo giorno prima della quaresima, periodo di rinunce di penitenza.Vianne sa che per lei la giornata assumerà un risvolto partocolare: quello che sta soffiando è un  vento diverso da ttuti gli altri, lo percepisce nitidamente annusando l’aria. E’ un vento che conosce bene, perché lo insegue  da tutta la vita. Quando quel vento soffia, significa che per lei ed Anouk  è giunto il momento di affrontare un nuovo percorso.
E’ deciso: si fermeranno a Lansquenet.
La vita nel piccolo paesino scorre placidamente, gli abitanti sono chiusi in una loro naturale ritrosia ed il capo spirituale della microscopica comunità, un giovane curato bigotto e ottuso,  identifica immediatamente Vianne come una figura negativa e pericolosa per l’equilibrio spirituale dei suoi parrocchiani. Francis Raynaud è attratto dal fascino della donna ma al tempo stesso ne è anche terrorizzato: in lei vede un’ autentica tentazione demoniaca. Non è sposata, è una ragazza madre, è decisa ad aprirsi un’attività tutta sua per mantenere se stessa e la figlia e non ha bisogno dell’aiuto di nessuno. Inoltre non è nemmeno credente! Non solo il parroco, ma anche la maggior parte degli abitanti di Lansquenet nutrono diffidenza e sospetto nei suoi confronti, e vedono la  provocazione dappertutto: nei suoi abiti colorati, nei suoi capelli lunghi e fluenti che porta sciolti,  in quegli occhi neri che  leggono dentro le persone…  Lo scompiglio che porta nell’immobilità di quel paese così insignificante da essere dimenticato persino dalle cartine geografiche è inevitabile. Ma Vianne lo sa, l’ha già sperimentato tante altre volte, e non se ne cura. Prende in affitto la vecchia panetteria del paese e la trasforma ne ”La Celeste Praline“, una cioccolateria festosa e piena di delizie. In pochi giorni il locale viene rimesso in sesto e reso accattivante dalle sapienti mani di Vianne e dalla piccola Anouk che con la sua gioia infantile dona un tocco ancora più magico all’insieme. Sono diversi i personaggi che da quel giorno in avanti cominceranno a gravitare intorno alla cioccolateria, dapprima timidamente e quasi sentendosi in colpa per quelle golose concessioni, per poi lasciarsi andare completamente ai piaceri del palato. Ogni dolcetto  viene scelto con cura da Vianne, perché sa esattamente quali sono i preferiti di ognuno: è una dote naturale, una specie di stregoneria. Ad ogni piccolo morso sembrano sciogliersi, come il cioccolato nei loro palati, fino a raggiungere il punto più segreto ed intimo della loro anima. In un crescendo quotidiano di amicizia e di nuove consapevolezze, i sentimenti vecchi e nuovi si mescolano ad innocenti peccati di gola, portando istanti di felicità a chi aveva smarrito la strada. Un uomo timido e solo, che ha come unico amico un cane ormai vecchio e malato; un’anziana signora in lotta da anni con la figlia, che vuole vivere e morire come meglio crede; una donna imprigionata in un matrimonio sbagliato con un uomo orribile, che deve ritrovare prima di tutto l’amore per sè; un gruppo di nomadi che vivono sulle barche ormeggiate lungo il fiume, rifiutati e disprezzati dalla comunità perché non hanno scelto di conformarsi alla vita del paese. Ed infine c’è Roux, lo zingaro scontroso e sfuggente con i capelli rossi come il diavolo, ma onesto e dal cuore grande. Questo è il caleidoscopio umano che l’autrice ci presenta, una varietà imperfetta e piena di tribolazioni, ma con un unico desiderio: riconoscere ancora il sapore della felicità.

“Mi piacerebbe … seguire il sole con nient’altro che una valigia e non avere la minima idea di dove sarò domani.”

Joanne Harris riesce a rendere l’atmosfera del romanzo unica. Gli argomenti affrontati non sono frivoli, tutt’altro: l’emarginazione, la diversità, la solitudine, l’amicizia, la malattia, la vecchiaia, il senso di perdita…tutto viene toccato con la giusta dose di profondità, ma anche stemperato da un senso di leggerezza che addolcisce le pene, esattamente come il cioccolato. Sfogliando le pagine si ha davvero una sensazione olfattiva molto intensa, che attinge dai nostri ricordi, perchè le parole hanno un potere evocativo fortissimo. Il cibo e lo spirito sono legati indissolubilmente, questo viene da pensare mentre abbiamo la certezza di sentire il profumo inebriante del pan au chocolat invadere la nostra stanza.

Chocolat, Joanne Harris (Garzanti)

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6 pensieri riguardo ““Chocolat”, di Joanne Harris: che sapore ha la felicità?”

  1. Il film fu bellissimo. Me lo ricordo bene perché l’ho visto un paio di volte almeno. C’è da dire che, oltre alla forza evocativa della parola, come dici tu, e al fatto che il lettore si deve ricreare tutto con l’immaginazione, il libro ha anche molto più tempo per incantare il lettore mentre il film ha un paio d’ore o giù di lì. Il libro non l’ho letto, ma mi hai fatto venire la voglia di comprarlo.
    Ciao da Roma (ti ho incontrato da Vitty, e ho da poco pubblicato un tuo intervento da lei).
    Giovanni

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  2. Il film l’ho visto e rivisto più volte, lo trovo bellissimo. Spesso succede quando si vede la trasposizione cinematografica prima di leggere il libro da cui è stato tratto. In effetti non sapevo neanche che “Chocolat” fosse tratto da un romanzo, ma dopo questa rivelazione dovrò assolutamente recuperarlo!

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