“Stagioni diverse”, di Stephen King: il meglio del Re

  • L’eterna primavera della speranza – Rita Hayworth e la redenzione di Shawshank, da cui è stato tratto il film “Le Ali della libertà” (Frank Darabont, 1994)
  • L’estate della corruzione – Un ragazzo sveglio, da cui è stato tratto il film “L’Allievo” (Bryan Singer, 1998)
  • L’autunno dell’innocenza – Il corpo (stand by me), da cui è stato tratto il film “Stand by me – Ricordo di un’estate (Rob Reiner, 1986)
  • Una storia d’inverno – Il modo di respirazione

Una volta terminato Stagioni diverse  avevo detto a me stessa che non me la sentivo di scrivere nulla a riguardo, perché avevo la sensazione di essermi completamente svuotata dopo aver letto l’ultima riga del terzo racconto (Stand by me). Mi sembrava che non potessi dire nulla, perché ogni commento sarebbe stato superfluo. In effetti, da questi quattro racconti hanno già tirato fuori tre film di cui due assolutamente straordinari. Cosa posso aggiungere io a tanta magnificenza? Poco. Però qualcosa, alla fine, vorrei dirla. Ci sono libri che possiamo divorare in un giorno intero, ma che dopo poco dimentichiamo perfino di aver letto. Sono fatti per il consumo, per il piacere, per oziare. E poi ci sono “QUEI libri”, quelli che riempi di orecchie per segnare un passo o un pensiero, quelli che una volta terminati ti restano dentro anche se non vuoi, quelli che entrano a far parte di un posto speciale, un “per sempre” tutto tuo che con condivideresti mai con nessuno, nemmeno sotto tortura. L’estate scorsa, sdraiata su uno scoglio, quando ho finito Stand by me fortunatamente avevo gli occhiali da sole, se capite cosa intendo. Il desiderio di diventare grandi e al tempo stesso la paura di crescere, quell’ amicizia così unica e pura come solo a dodici anni puoi sperare di trovare, perché poi puff! sparisce. E se ne va così, senza un reale motivo. Se ci pensiamo bene è vero quanto dice King : “quando si diventa adulti gli amici entrano ed escono dalle nostre vite come camerieri in una sala da pranzo, ma quando hai dodici anni per difendere i tuoi amici faresti a pugni con chiunque.” Anche se sei una femmina.

Le cose più importanti sono le più difficili da dire.
Sono quelle di cui ci si vergogna, perchè le parole le immiseriscono, le parole rimpiccioliscono cose che finchè erano nella vostra testa sembravano sconfinate, e le riducono a non più che a grandezza naturale quando vengono portate fuori.
Ma è più che questo, vero?
Le cose più importanti giacciono troppo vicine al punto dov’è sepolto il vostro cuore segreto, come segnali lasciati per ritrovare un tesoro che i vostri nemici sarebbero felicissimi di portar via.
E potreste fare rivelazioni che vi costano per poi scoprire che la gente vi guarda strano, senza capire perchè vi sembrava tanto importante da piangere quasi mentre lo dicevate.”

Chi non si è rivisto dodicenne insieme a quel gruppo di ragazzini scalcagnati? Non vi viene un po’ di magone, dopo? Io sono stata inghiottita da un’ immensa voragine di nostalgia.

E poi c’è la meravigliosa storia di Andy ed il suo sogno di libertà, un racconto che da solo potrebbe racchiudere tutte le metafore sulla condizione umana, che contiene tutte le domande e le risposte che vi sono mai venute in mente quelle sere un po’ storte in cui, sdraiati sul letto e fissando il soffitto, vi siete chiesti cosa siete venuti a fare in questo mondo. La paura e l’orrore? Mi spiace, qui non c’è nulla di tutto questo. Che poi, finiamola una volta per tutte: dove è l’orrore in King? E’ vero, a volte scrive storie che  fanno tremare le budella, ma non è perché sa descrivere dannatamente bene la paura. O meglio: è molto più di questo. Lui tira fuori la paura che è in noi e ce la sbatte in faccia. E’  quella che ci spaventa a morte, non certo i banali clichè da horror spiccio che spesso utlizza. L’immedesimazione con i suoi personaggi, quasi sempre uomini e donne come tanti, che fanno quotidianamente a cazzotti con un’esitenza amara, ci trascina in una sorta di catarsi emotiva che ci lega indissolubilmente alle pagine.  E questo spiega perché noi che lo leggiamo da sempre  abbiamo paura dei pagliacci anche se abbiamo quarantanni suonati, degli hotel isolati non ne parliamo nemmeno, ed in genere siamo terrorizzati dalle tranquille cittadine della provincia americana…

Stagioni diverse, Stephen King (Sperling & Kupfer)

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3 pensieri riguardo ““Stagioni diverse”, di Stephen King: il meglio del Re”

  1. Ciao Ale, grazie! Anche io, nel 1986, ero una ragazzina scalcagnata…Quale 12 enne non lo era in quegli anni? E’ per questo che ogni volta che rivedo quei ragazzini in tv mi sale il magone e mi si appanna la vista sempre di più. A volte poi basta addirittura sentire quella canzone perché si aprano dentro di me voragini di nostalgia.

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